Cosa sono i Rifiuti Speciali e come si differenziano dai Rifiuti Urbani

In questo approfondimento spieghiamo che cos'è un Rifiuto, fornendo la definizione normativa di Rifiuto, quando cessa la definizione di Rifiuto, cosa sono i Rifiuti Speciali e la differenza tra Rifiuti Speciali e Rifiuti Urbani

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Cos’è un rifiuto secondo la normativa ambientale?

La definizione di cos’è un rifiuto e la relativa nozione la ritroviamo all’art. 183 del T.U. Ambientale:

“qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o abbia l’obbligo di disfarsi.”

Importante è sottolineare come l’ultimo aggiornamento della definizione prescinda dal riferimento all’elenco del catalogo europeo dei rifiuti CER. L’elenco infatti ha come unico scopo quello di omogeneizzare le categorie di rifiuti, pertanto, il fatto che un residuo sia citato all’interno dell’elenco non fa si che questo sia per legge un rifiuto e come tale debba essere gestito.

Con sentenza della Corte d’Appello di Napoli, Sez. VII penale, n. 2717 del 5 giugno 2013, viene inoltre definita una nozione di rifiuto più ampia, basata su evidenze oggettive

“… relativamente a sostanze o manufatti non più adatti a soddisfare i bisogni per cui sono stati concepiti, indipendentemente dal fatto che siano privi di valore economico.”

Quando un Rifiuto cessa di essere definito tale?

Secondo quanto scritto dalla Corte di Giustizia UE, Sez. I, n. C-241/12 e C-242/12 del 12 dicembre 2013

“Non sono assoggettabili alla disciplina sui rifiuti quei beni, sostanze o prodotti che il detentore intenda con certezza sfruttare o commercializzare in condizioni vantaggiose, senza alcuna volontà di disfarsene.”

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 38979/17, specifica inoltre:

“Il rifiuto, quale sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione, o l’obbligo, di disfarsi, non perde tale qualità in ragione di un accordo di cessione a terzi, né del valore economico ad esso riconosciuto nell’accordo stesso: ciò che conta è la volontà del cedente di disfarsene, non rileva, perciò, che il materiale sia destinato alla commercializzazione.”

Qual è la differenza tra Rifiuti Speciali e Rifiuti Urbani?

La classificazione dei Rifiuti ovvero quel meccanismo con il quale i rifiuti vengono divisi in categorie sottende a due metodologie che individuano quattro tipologie. Classificazione secondo l’origine e secondo la pericolosità. Nel primo caso i rifiuti possono essere urbani o speciali. Nel secondo possono risultare pericolosi o non pericolosi. Di conseguenza possono essere individuati rifiuti urbani pericolosi o non pericolosi, oppure rifiuti speciali pericolosi o non pericolosi.

Per comprendere quali rifiuti facciano parte di una classe o dell’altra viene incontro la Legislazione. Ovvero è la Normativa che detta quali sono i rifiuti compresi in una o nell’altra categoria.

È infatti un articolo del Testo Unico Ambientale a dettare la classificazione dei rifiuti. Si tratta dell’articolo 184 del D.lgs. 152/2006. Al comma 2 sono inquadrati i rifiuti urbani, al comma 3 quelli speciali.

Sappiamo che i rifiuti speciali sono quelli derivanti da attività produttive. I rifiuti urbani sono invece quelli prodotti dalle utenze domestiche, le abitazioni per intenderci. I rifiuti speciali inoltre si differenziano dai rifiuti urbani in quanto non gestiti dalla pubblica amministrazione sulla base di contributi fiscali, ma affidati alla gestione di aziende private autorizzate.

Ma andiamo più nello specifico. Scopriamo il comma 3 dell’articolo 184, che recentemente è stato proprio modificato da un nuovo Decreto legislativo.

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Qual è la classificazione dei Rifiuti Speciali?

Il D.lgs. 116/2020 è il provvedimento che recepisce all’interno della legislazione italiana due delle quattro direttive del pacchetto economia circolare.

Per effetto di questo nuovo Decreto Legislativo, sono state modificate alcune sezioni della parte IV del D.lgs. n. 152/2006 tra le quali il Capo I «Disposizioni generali» all’interno del titolo I «Gestione dei rifiuti». Facente parte del Capo I è anche l’articolo 184 che definisce la classificazione dei rifiuti. Il D.lgs. 116/2020 ha quindi modificato anche questo articolo cambiando l’inquadramento dei rifiuti speciali. Ai sensi del comma 3 dell’art.184 del D.lgs. 152/2006, in virtù delle modifiche introdotte dal D.lgs. 116/2020, i rifiuti speciali sono:

  • a) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2135 del codice civile, e della pesca;
  • b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall’articolo 184-bis;
  • c) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni industriali se diversi da quelli di cui al comma 2 (che inquadra i rifiuti urbani;
  • d) i rifiuti prodotti nell’ambito delle lavorazioni artigianali se diversi da quelli di cui al comma 2;
  • e) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività commerciali se diversi da quelli di cui al comma 2;
  • f) i rifiuti prodotti nell’ambito delle attività di servizio se diversi da quelli di cui al comma 2;
  • g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
  • h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli all’articolo 183, comma 1, lettera b-ter;
  • i) veicoli fuori uso.

Per giungere a delle conclusioni, si osserva come l’individuazione dei rifiuti speciali sia sottoponibile ad interpretazioni. Ciò si comprende dall’elenco del comma 3 dell’articolo 184, nel quale per alcune voci l’appartenenza alla categoria dei rifiuti speciali è determinata “per differenza”. Infatti alle lettere c, d, e, f la Norma definisce i rifiuti speciali in quanto diversi da quelli del comma 2, quello che inquadra i rifiuti urbani.

Stando così le cose è il Produttore dei Rifiuti che ha in qualche modo la possibilità di dimostrare nel caso la loro natura urbana. Cosa che invece non può avvenire per le tipologie di cui alle lettere a, b, g, i che sono sempre rifiuti speciali, senza possibilità per il produttore di dimostrarne il contrario.

La possibilità di dimostrare la natura urbana dei propri rifiuti può essere un vantaggio in quanto la gestione dei rifiuti speciali è più complicata a livello tecnico e amministrativo e dispendiosa. Si consiglia comunque di effettuare sempre valutazioni appropriate per non cadere in violazioni.

Fonti

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